Il settimanale geopolitico n.26, 6 luglio
La Russia riconosce i Talebani in Afghanistan, gli USA sospendono l'invio di alcune armi all'Ucraina, e tra Russia e Azerbaijan scoppia una crisi diplomatica.
Gli USA rimuovono le sanzioni alla Siria
Gli Stati Uniti rimuoveranno tutte le sanzioni economiche imposte alla Siria. La decisione, annunciata lunedì 30 dal Presidente americano Donald Trump e pubblicata sul sito della Casa Bianca, mette fine al regime delle sanzioni che Washington ha imposto al paese mediorientale da più di 20 anni, e apre la strada alla ricostruzione e alla riabilitazione della nuova Siria nella comunità internazionale.

Inserita nella lista degli stati sostenitori del terrorismo del Dipartimento di Stato americano nel 1979, la Siria è stata a lungo bersagliata dalle sanzioni economiche americane. L’obiettivo di Washington, come nel caso dell’Iraq di Saddam negli anni ‘90, era quello di rovesciare il regime Baathista della dinastia degli Assad, al potere in Siria dal ‘71, ritenuto ostile agli interessi degli Stati Uniti e di Israele nella regione in quanto alleato dell’Iran. Con lo scoppio della Guerra Civile nel 2011, e delle accuse contro il regime di Assad di aver usato armi chimiche contro la sua popolazione, le sanzioni statunitensi contro Damasco si sono inasprite. Nonostante a soffrirne principalmente delle misure punitive economiche occidentali sia stata la popolazione siriana, e non il regime.
Ma negli ultimi 6 mesi la strategia dello Zio Sam è cambiata. La presa di potere del gruppo Hayat Tahrir al-Sham (ex al-Qaeda) e il conseguente rovesciamento del regime di Assad, ha coronato gli sforzi israelo-americani degli ultimi decenni, e gettato le basi per il riposizionamento della Siria nel nuovo scacchiere mediorientale. Eliminato il regime Baathista, abbandonata ogni intenzione ostile nei confronti di Israele, e privato all’Iran un alleato chiave nella regione; la nuova repubblica siriana è pronta per essere reintegrata nel circolo delle potenze arabe filo-occidentali sotto la protezione dell’Arabia Saudita e con la benedizione di Israele. Procedendo in questa direzione, i nuovi leader siriani sono in trattativa con lo stato ebraico per mettere fine all’ostilità fra i due paesi. L’obiettivo desiderato sarebbe quello di includere Siria negli Accordi di Abramo, i trattati firmati di EAU, Bahrain e Marocco nel 2020, facenti parte della macro iniziativa di Washington di ottenere il riconoscimento di Israele da parte di tutti gli stati arabi.
Gli USA sospendono l’invio di alcune armi all’Ucraina. Washington è ancora l’arsenale della democrazia?
Un recente caso di questa settimana relativo al rifornimento di armi statunitensi all’Ucraina ha sollevato non pochi dubbi sulle scorte di armi e sulla capacità in generale di Washington di rifornire militarmente i suoi alleati. Martedì la Casa Bianca ha annunciato la sospensione dell’invio di alcune armi all’Ucraina, ancora impegnata nella guerra contro la Russia.
La sospensione dei rifornimenti di armi americani ha riguardato i sistemi missilistici e gli intercettatori, che in questi 3 anni di guerra sono stati fondamentali per le capacità difensive ucraine, avendo garantito a Kiev la capacità di difendersi dai ripetuti attacchi aerei di Mosca. I sistemi d’arma in questione sono: gli intercettatori missilistici PAC-3 MSE per i sistemi Patriot, gli Himars (i lanciarazzi multipli dell’Esercito Americano), gli M270 MLRS, munizioni di artiglieria 155 mm, i MANPADS (Sistemi di difesa aerea portatili), missili aria-aria AIM-7 Sparrow e i missili Hellfire. L’importanza di queste armi per l’Ucraina è stata dimostrata immediatamente qualche giorno dopo quando la Russia ha lanciato il più vasto attacco aereo dall’inizio della guerra, lanciando 550 tra missili e droni secondo l’aeronautica ucraina.
La decisione improvvisa dell’Amministrazione Trump farebbe parte di una revisione delle esportazioni delle armi da parte del Dipartimento della Difesa. Alla base di questa revisione vi è la paura, largamente diffusa, che gli arsenali americani si stiano svuotando. Washington negli ultimi anni si è fatta carico di impegni militari, Ucraina e Israele in primis, che hanno richiesto una continua assistenza militare americana, che ha consumato rapidamente molti dei più avanzati sistemi d’arma dello Zio Sam. Al Pentagono sarebbe quindi in atto una revisione delle priorità, in vista soprattutto del riposizionamento degli asset militari americani verso la Cina.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Presidente americano Franklin Roosevelt descrisse gli Stati Uniti come “l’arsenale della democrazia“. Oltre ad esaltare la capacità della potenza industriale americana, il Presidente democratico puntava a sottolineare la volontà degli USA di ergersi a difensore e rifornitore militare delle democrazie. Negli ultimi anni l’epiteto rooseveltiano è stato messo costantemente alla prova. Le guerre in Ucraina e in Medio Oriente hanno dimostrato che le riserve di armi americane non sono infinite, e che la base industriale americana non è in grado di tenere il passo con i ritmi di un conflitto sostenuto come durante il secondo conflitto mondiale.
La Russia riconosce il governo dei Talebani in Afghanistan
La Federazione Russa è diventata il primo (ed unico) stato al mondo a riconoscere ufficialmente il governo dei Talebani in Afghanistan.
A quasi 4 anni dall’anniversario dalla sua presa di potere a Kabul che ha portato alla disastrosa fuga degli Americani e dei partner NATO e messo fine alla ventennale Guerra in Afghanistan, il regime talebano è riuscito ad ottenere il suo primo riconoscimento internazionale da parte della Russia. Mosca ottiene ora il primato di essere l’unico stato membro dell’ONU, nonché unico membro permanente del Consiglio di Sicurezza, a riconoscere l’Emirato Islamico dell’Afghanistan.

La decisione del Cremlino di legittimare il regime degli “Studenti“ era già in programma da tempo. Già ad aprile (come avevamo riportato in una scorsa edizione del settimanale geopolitico) la Corte Suprema Russa aveva rimosso i Talebani dalla lista organizzazioni terroristiche di Mosca, nella quale figurava dal 2003.
Il riconoscimento del governo talebano da parte della Russia ha ricevuto il plauso della Cina. Sebbene non avendo ancora riconosciuto ufficialmente il nuovo governo dell’emirato islamico, Pechino è stato uno dei principali attori internazionali ad intrattenere rapporti con i Talebani dopo la caduta della Repubblica democratica afgana nel 2021.
Turbolenze nel Caucaso: Crisi diplomatica tra Russia e Azerbaijan
In questi giorni tra la Russia e l’Azerbaijan si è consumata una crisi diplomatica che ha severamente incrinato i rapporti tra le due ex repubbliche sovietiche.
Venerdì scorso, a Ekaterinburg in Russia, sono state arrestate 50 persone di etnia azera, accusate di aver commesso degli omicidi tra il 2001 e il 2011. La polizia azera ha risposto con una serie di contro-operazioni contro cittadini di etnia russa, mentre la televisione di stata ha cominciato ad adottare toni anti-russi. La portavoce del Ministero degli esteri russo Maria Zakharova ha cercato di abbassare i toni della disputa e ribadito l’importanza delle relazioni bilaterali tra i due paesi.
A rendere ancora più interessante la crisi che ha stravolto i rapporti tra Mosca e Baku è stato il commento di un importante politico azero. Eldar Namazov, ex capo dell’amministrazione presidenziale di Heydar Aliyev, (padre dell’attuale presidente azero), ha proposto la costruzione di una base militare turca in Azerbaijan. Questo episodio riflette il riallineamento strategico in atto nel Caucaso. Di fronte ad una Russia sempre meno presente, l’Azerbaijan negli ultimi anni si è rivolto verso la Turchia, la quale punta ad essere il patrono della comunità turcofona globale.